Classico tormentone del dopo feste è la frase “finite le vacanze mi rimetto a dieta e torno in forma!”. Per esperienza di vita vissuta posso dirvi che esistono una miriade di programmi dimagrati, la keto, la vegana, l’iperproteica, la chetogenica, la Nutrisystem, il piano Atkins, la Weight Watchers, la dieta della luna e tantissime altre.
Io ovviamente faccio parte della categoria di donne che tra Santo Stefano e Capodanno già smanetta sul pc alla ricerca di una pozione magica che incredibilmente riattivi la forza di gravità per cacciare quella sensazione di schiacciamento fisiologico verso il suolo che in pochi giorni si è impossessata di noi e trovare un rimedio qualunque per sopravvivere alle festività natalizie e cercare di arrivare sufficientemente indenni alla befana.
Ma perché non riusciamo a rinunciare ai piaceri della tavola nelle vacanze di Natalizie? Conformarsi agli altri mentre si mangia crea convivialità. Oggi il cibo non è solo più un semplice atto di nutrimento, ma un importante momento di aggregazione e di condivisione, in particolare durante le feste, i pasti diventano occasioni di socializzazione, momenti per conoscersi meglio e ritrovarsi in famiglia riscoprendosi con amici e parenti.
Ora non vorrei scadere nel banale ma credo che di poter affermare che per essere felici abbiamo tutti bisogno di sentirci parte di qualcosa, di far parte di un gruppo. L’appartenenza, il senso d’inclusione, è un sentimento fondamentale dell’essere umano, che nella piramide dei bisogni, viene subito dopo la necessità di cibo, sonno e sicurezza.
Tuttavia mi sono messa a pensare che l’appartenenza dovrebbe favorire l’autostima ed invece alla fine delle festività siamo tutte in crisi. Combattiamo da sempre con il cosiddetto effetto yo-yo, quei tre o quattro kg che perdiamo velocemente e poi riprendiamo in tutte le ricorrenze o durante le vacanze estive, eppure l’inevitabile reazione di gonfiore fisico, probabilmente il senso di malessere generato dal nostro corpo che non è abituato ad un’alimentazione così disequilibrata, ci fa sentire inadeguate.
Io credo che nelle donne l’autostima sia direttamente proporzionale alla loro gratificazione sentimentale. Riusciamo a vederci belle quando ci sentiamo tali agli occhi della persona che ci fa battere il cuore. È una sensazione irrazionale eppure quando ci percepiamo belle lo siamo per davvero. Ovviamente non si può generalizzare, ma se prendiamo come esempio delle persone di medio fascino, potremmo dire che quando si sentono belle, lo diventano. Diventano radiose, solari, acquistano fascino e sicurezza.
A questo punto non posso fare a meno di domandarmi perché il motore che spinge l’universo femminile è sempre legato ad un uomo? Perché non riusciamo ad emanciparci al punto da poterci sentire belle perché piacciamo per prime a noi? Imparare ad accettarci ed a volerci bene con tutti i nostri difetti ci permetterebbe di gettare le basi per la nostra vera realizzazione. Noi donne dovremmo imparare a stare da sole e a trovare soddisfazione nella nostra individualità. Riuscire a concentrarci sui nostri obbiettivi e sui nostri desideri.
Non credo esista una formula magica per riuscire ad essere semplicemente se stesse, per riuscire ad esprimere il nostro carattere e la nostra personalità, ma credo che è un percorso che vada intrapreso perché se non riusciamo ad accettarci, a piacere a noi stesse per prima, con tutte le nostre fragilità, come possiamo pretendere di piacere ad altri?